La cosa più importante tra le meno importanti

Ogni essere umano dovrebbe -condizionale d’obbligo- possedere dentro di sé una gerarchia di valori che lo guida durante tutto l’arco della propria vita.
Ognuno sceglie il proprio ordine.
Un’influenza scorretta o un giudizio sulle gerarchie altrui non è concesso, la libertà di scelta e di pensiero sono ancora tutelate.

Un discorso che fa fatica a legare con l’irrazionalità del tifoso più sanguigno.

Ci sono due definizioni del termine “tifoso”:
– La prima allude alla malattia caratterizzata da febbre elevata, offuscamento della coscienza, prostrazione, delirio;
– La seconda si riferisce all’appassionato, all’acceso sostenitore di una squadra sportiva.
Nel modus tifandi dell’italiano, molto spesso queste due definizioni si intrecciano e, ancora più spesso, la prima si sostituisce alla seconda.

Domenica -esempio paradigmatico ma letteratura vastissima- sì è consumata una contestazione ai danni del Presidente della Lazio, Claudio Lotito.
Una protesta accorata, partecipata, colorata, contro una gestione che non soddisfa i tifosi.

Senza snocciolarne le ulteriori cause scatenanti -letteratura sterminata anche qui- preme sottolineare come uomini e donne con figli al seguito (generalizzazione dovuta) abbiano manifestato il proprio dissenso: dopo attenta analisi si è optato per l’insulto e l’augurio di morte.
A Lotito e familiari.
Viene spacciata per goliardia ma la tententazione a credere che sia qualcosa di diverso è insistente.

Ora, per il master in bon ton sono sempre state scelte altre strutture, non certo lo stadio, ma è evidente come l’appredimento pedagogico del bambino subisca in simili situazioni un significativo rallentamento. Talvolta un arresto.
Non si deve necessariamente essere un genitore della Mulino Bianco per comprendere l’inadeguatezza di uno sfogo di questo tipo, nei fatti un vomitatoio.

Non ci si meravigli, poi, di politiche gestite oltre il filo del “vaffa”, attualmente isolate ma destinate, se le nuove generazioni non dovessero emanciparsi da tale abbrutimento, alla proliferazione, assumendo rilievi di normalità.

Nella gerarchia dei valori che un genitore dovrebbe trasmettere ai propri figli, l’educazione resta sempre, sempre, sempre al primo posto.
Ricordando inoltre -venga perdonata l’ingerenza- come il calcio, e lo sport in generale, rimangano le cose più importanti tra quelle meno importanti.

Articolo originale pubblicato per Wild Italy

La rivolta ucraina (in pillole)

La popolazione dell’Ucraina è divisa in due componenti: componente ucraina maggioritaria e componente russofona che sfiora il 40%.
La vulgata della rivolta pro-Europa è un falso, strumentale.
L’Ucraina fa già parte del “partenariato orientale“, l’ingresso in Europa non è in discussione.

Il vero movente della rivolta è l’interesse degli ultranazionalisti ucraini a cacciare la parte russofona, in nome della libertà e dell’indipendenza. (Da Putin, sulla carta)
Un’autoderminazione che però sfocia in conflitto etnico. (Pulizia?)

Ieri la rivoluzione ha vinto, il regime -votato dal popolo, tra le altre cose- è caduto.
E ora, che succede?

P.S.
Lo stesso medico twittatore morente, divenuto simbolo della protesta come il “martire di Maidan”, ha dichiarato (essendo sopravvissuto) la propria appartenenza a Praviy Sektor, gruppo nazista e antisemita.

Si smetta di dipingere ogni rivoluzione come romantica, che qui di romantico c’è nulla.

ParacuRenzate

“Il governo con l’età media più bassa , il primo ministro più giovane della storia repubblicana, il più giovane in Europa, 16 ministri di cui la metà donne. “

La competenza non ha né genere né numero, caro Renzi e cari giornali.
Rimarcarlo porta all’effetto contrario: sottolinea e acuisce il confilitto di genere e di generazione.

Soffermarsi sul programma e sulle capacità di ogni ministro, quella sì che sarebbe stata una paraculata.

Tanto tuonò che Renzi

Sgombriamo subito il campo dai dubbi: è costituzionalmente legittima la nascita di un governo non votato dagli elettori.
Dal 1948, carta (costituzionale) canta.
Si può discutere sulla vetustà della suddetta in alcune materie, o sulla sua manchevolezza in altre.
Il padre costituente lungimirante, ad esempio, avrebbe messo una postilla sull’illegittimittà di un governo formato da elementi pericolosi quali Giovanardi, Razzi, Boccia, la moglie.
No, troppo ingeneroso: una cautela del genere, circondato da Pertini, Togliatti, Croce, De Gasperi era veramente impossibile prevederla.

Ma torniamo a loro.

Il PD, noto partito amante del sadomaso, riesce nell’impresa di bruciare l’unico cavallo vincente (perchè Renzi lo era) da tanti anni a questa parte con una mossa, legittima sì, naftalinica pure, esteticamente poco apprezzabile altrettanto.
Usando le metafore calcistiche che tanto piacciono al segretario, sembra tanto un autogol.
Se è vero che con Letta si navigava a vista in uno stagno, si fa fatica a capire cosa e quanto possa cambiare con un governo retto pressoché dalle stesse forze.

Patti occulti? Strategia? Certamente.
Quello che ci si chiede è se a Renzi siano ben chiari gli attori in campo.
A reggere il suo governo, tra gli altri, c’è quel signore, il cui nome inizia per “A” e finisce per “lfano”, non conosciuto certo come uno dei più limpidi esempi di lealtà politica.
Davvero è convenuto? Davvero non si poteva fare altrimenti?
Ci sarebbero poi gli iscritti, “la base”, che “senza di quella scordatevi le altezze
Sì, magari domani.
Forse.

Accettato (…) l’assunto che le sorti del nostro paese siano strettamente legate a quelle del Partito Democratico si intravedeva nelle premesse renziane, e solo in quelle, non certo una rivoluzione, quanto una vibrazione sulle statiche corde istituzionali.
Dal Jobs Act alla riforma elettorale la prevedibile rivelazione:
Renzi è solo l’ennesima corda, non la vibrazione.

Articolo originale publicato per Wild Italy

Cave canem

La sveglia suona alle 6, e, come da due mesi a questa parte, abbaia e scondinzola.
Una roba che rivaluta ampiamente la catastrofica melodia del Samsung Galaxy facendola apparire come un quartetto per archi al chiaro di luna.

Mi sveglio.
O meglio: mi alzo.
No, meglio ancora: mi divido, mi spacco, mi scindo, mi disgrego.
In tante parti.

La parte maggiore s’incazza; perchè nonostante la gandhiana pazienza dalla quale ho imparato ad attingere ultimamente, non incazzarsi alle 6 non è umano. Dai.

Una parte minore, comunque rilevante, si alza, prepara da mangiare alla sveglia, che salta come un grillo e che in sette (7) secondi vanifica il lavoro mangiando anche la ciotola.
La parte tollerante rincorre la sveglia che non vuole mettersi il collare.
E’ pigra e non vuole uscire. Tale padrone, tale sveglia.

Si deve, però, uscire per forza: la sveglia ha le sue necessità.

Qui entra in gioco un’altra parte, quella che preferisco: la parte irriducibile, quella che non si rassegna, quella che continua a dormire, nonostante tutto; quella con le righine del cuscino ancora scavate sulla faccia, quella del capello (1) ribelle, quella che d’estate uscirà in pantofole (già so), quella che esce di casa e sbatte contro i pali.
Tanto è un sogno, non ti vede nessuno.
No, non è un sogno, ma sarà chiaro solo più tardi, verso le 10, quando tutto sarà sveglio.

Ultima, ma non ultima, la parte che invidio di più.
Con quale forza affronta la vita, con quale coraggio!

E’ la parte di me che alle 6.13, forse pavlovianamente, riesce a muovere le labbra di una bocca impastata con sabbia e calcestruzzo, rispondendo agli stimoli di altri individui.

Questi subdoli personaggi versano apparentemente – e purtroppo solo apparentemente – nelle mie stesse condizioni, ma sotto l’aria da sonno, rivestono i panni dei grandi oratori ansiosi di farti sapere cosa fanno, chi sono, da dove vengono, i loro sogni. Non contenti, pretendono, sia da te che dalla sveglia, addirittura un’interazione vocale e sensoriale.
Sono furbi,sono lesti, inutile scappare: cambiano strada, sbucano dagli angoli, ti assalgono.
Hanno voglia di parlare. Io no.
Vincono sempre loro.
La ggente mattutina.

Ma ne è valsa la pena?

nerino

E come faccio a dire che non è valsa la pena?
(Nella foto, la sveglia)