
[Tanto male il centrosinistra non sta facendo ☺️]
[Tanto male il centrosinistra non sta facendo ☺️]
Le raccapriccianti regole del tragico gioco “Blue Whale” che sta spopolando tra i romani.
Giorno 1. Prendi l’autobus alle 8.
Giorno 2. Esci di casa in un giorno di pioggia senza pinne.
Giorno 3. Fai la differenziata.
Giorno 4. Prendi la macchina alle 18 e percorri un’arteria importante.
Giorno 5. Cammina ad occhi chiusi su un marciapiede.
Giorno 6. Riutilizza le scarpe sporche di deiezioni canine del giorno prima.
Giorno 7. Entra in un parco, sdraiati sull’erba e respira il polline, poi vai sulla Nomentana e respira smog.
Giorno 8. Trova parcheggio.
Giorno 9. Tifa Lazio.
Giorno 10. Vai in un ufficio pubblico e cerca di portare a termine una pratica qualunque.
Giorno 11. Trova parcheggio.
Giorno 12. Entra in una sede del Pd e urla: “siete dei Comunisti”, poi entra in una sede dei Comunisti e urla: “state più a destra del Pd”.
Giorno 13. Cerca un lavoro che ti piace.
Giorno 14. Fingiti nero e, se ti piace esagerare, pure di religione islamica.
Giorno 15. Vai a Roma Sud vestito da Roma Nord e a Roma Nord vestito da Roma Sud.
Giorno 16. Cerca uno spazio sociale ancora aperto.
Giorno 17. Prendi un taxi.
Giorno 18. Partecipa al prossimo concorso pubblico.
Giorno 19. Vai in bici sulla Nomentana.
Giorno 20. Al prossimo sciopero dei mezzi pubblici crea zizzania magnificando l’Atac tra gli inferociti alla fermata.
Giorno 21. Prendi un motorino e, con andatura costante, precipita in qualche voragine sulla strada.
Giorno 22. Definisci Virginia Raggi la migliore sindaca donna nella storia della Capitale.
Giorno 23. Chiama l’Ama e spronali a far meglio.
Giorno 24. Entra in bistecchiera e ordina piatto veg.
Giorno 25. Non c’è mai arrivato nessuno.
La mediazione al ribasso sulle unioni civili dà la misura della differenza che passa tra un grande partito e un partito grande.
Il Partito Democratico è un partito grande.
Governare Roma ai tempi della crisi, governare una città che si regge da anni su un sistema mafioso e criminale, governare una città straziata da una cittadinanza imbarbarita dovrebbero essere le principali preoccupazioni della classe politica che si propone di governare.
E qualsiasi illuminato e sbandierato ragionamento politico pre-elettorale sulle periferie romane che non sia concretamente suffragato da massicci investimenti governativi deve essere cassato con ignominia ed elettoralmente perseguito.
Sogno una politica che non venda pentole acciaio inox.
Fare paragoni tra realtà profondamente diverse l’ho sempre trovato un esercizio di stile, però, stavolta, lo confesso, ci sto cadendo con tutte le scarpe.
Italia e Grecia.
Senza bisogno di fare classifiche al ribasso su quale popolazione viva peggio va sottolineato il solco che, al di là delle cravatte d’etichetta, si sta scavando tra Renzi e Tsipras.
Uno, il nostro, nato incendiario rottamatore morto pompiere squinziano.
L’altro, il loro, nato borghese sta morendo operaio.
Non si poteva (può) che vedere la ricetta di Syriza come degna di attenzione, dirompente sì ma logica e conseguenziale. Oltre che innovativa.
Una risposta diversa a quelle già fallimentarmente attuate che, tornando all’esercizio di stile iniziale, sarebbe potuta anche tornare utile in scala tricolore.
E invece no, mi trovo costretto a sentire un premier, il nostro, che si affretta a far sapere al mondo che la BCE ha fatto bene a tagliare le gambe alla Grecia.
Capito? La disillusione deve restare il nostro faro;
Non sia mai che riuscissimo ad alzare un po’ la testa.
Concetto astratto, utopico quasi.
Fosse sostituito dal dovere di ridurre l’infelicità, come afferma implicitamente l’art. 3 della Costituzione, si potrebbe concretizzare in una certa idea di Politica, quella che piace a noi.
Eppure.
Eppure siamo costretti a sopportare strutturali disuguaglianze, sempre pronte ad ostacolare qualsiasi velleità di trasporto emotivo che non sia animato da paura e da ansia.
Una dittatura dell’infelicità, della prevaricazione, della sperequazione.
Per invertire le tendenza di occasioni ce ne sarebbero ma la Politica che non piace a noi, quella che non perde occasioni per sferrare pugni ai paradigmi di civiltà e di umanità decide di arrogarsi una facoltà di arbitrio sulle scelte e sulle emozioni altrui, cullata dall’ideale di aurea mediocritas che sempre la accompagnerà.
Siamo costretti a sopportare le opinioni degli Alfani, dei Sinodi, dei prefetti Pecorari, dei Nardelli, dei Salvini, dei Fiori, esseri disumani, squallidi portatori di modelli anacronistici, sopraffatti dalla loro inferiorità morale e dalla schiacciante e perenne smania elettorale basata sul dolore di pancia della disperazione.
Eppure.
Eppure c’è chi si ribella, chi non si rassegnerà mai, chi la tendenza la vuole invertire davvero.
Il mio applauso va a Virginio Merola, Ignazio Marino, Giuliano Pisapia e tutte le altre Persone che hanno assecondato e riconosciuto quel diritto alla felicità, con l’obiettivo di eliminare una disuguaglianza, compito primario della Politica.
Quella vera.
Quella che piace a noi.
Mentre gioca a calcetto con Francesco e i suoi amici, fa l’amore con Agnese facendo anche l’amore con Maria Elena in stanze separate e distanti un paio di città, interrompendo solo un paio di minuti per una telefonata a Vladimir, con il numero privato che altrimenti col cavolo che avrebbe risposto.
Nel mentre con la mano destra stringe la sinistra di Silvio, ma con il pollice e l’aiuto del Codice Morse che Tiziano gli aveva insegnato quando si gio’ava a carte in bisca, parla con Oscar di flexsecurity non capendo poi tanto già da stocazzo di nome straniero.
Con la mano sinistra rimasta parzialmente occupata dall’Iphone con Twitter aperto, strumento con cui è solito fare foto di facce simpatiche che poi cancella, indica Susanna, Maurizio e i loro cazzo di Articoli, “18181818 mai nessuno che si fa li cazzi sua,” come i responsabili maggiori dello sfascio del campetto della parrocchia di Comunione e Liberazione sotto casa.
Col piede destro, fa un paio di serpentine scartando alla partita del cuore organizzata da Gino, qualche gufo rosicone che cercava di fargli la cacca addosso. “Tie’, beccati questo!“
Con il ginocchio destro, indipendente dal piede più della Padania, fa palleggi con i cartoccetti di carta dei grandi progetti che vorrebbe portare a termine: Tav, Ponte sullo Stretto e la pace nel mondo, nel mondo delle correnti del Partito.
L’arto inferiore sinistro, che avrebbe tanto voluto amputare a favore di un ginocchio più liberista, è impegnato a portare Angelino a spasso evitando così di esporlo a figuracce che non siano più gravi delle macchie di gelato sulla camicia che ogni volta si fa.
Ora ditemi se c’è spazio per argomentazioni frivole come il riconoscimento dei diritti civili, norme di contrasto all’evasione fiscale e altre amenità.
“Il governo con l’età media più bassa , il primo ministro più giovane della storia repubblicana, il più giovane in Europa, 16 ministri di cui la metà donne. “
La competenza non ha né genere né numero, caro Renzi e cari giornali.
Rimarcarlo porta all’effetto contrario: sottolinea e acuisce il confilitto di genere e di generazione.
Soffermarsi sul programma e sulle capacità di ogni ministro, quella sì che sarebbe stata una paraculata.
Sgombriamo subito il campo dai dubbi: è costituzionalmente legittima la nascita di un governo non votato dagli elettori.
Dal 1948, carta (costituzionale) canta.
Si può discutere sulla vetustà della suddetta in alcune materie, o sulla sua manchevolezza in altre.
Il padre costituente lungimirante, ad esempio, avrebbe messo una postilla sull’illegittimittà di un governo formato da elementi pericolosi quali Giovanardi, Razzi, Boccia, la moglie.
No, troppo ingeneroso: una cautela del genere, circondato da Pertini, Togliatti, Croce, De Gasperi era veramente impossibile prevederla.
Ma torniamo a loro.
Il PD, noto partito amante del sadomaso, riesce nell’impresa di bruciare l’unico cavallo vincente (perchè Renzi lo era) da tanti anni a questa parte con una mossa, legittima sì, naftalinica pure, esteticamente poco apprezzabile altrettanto.
Usando le metafore calcistiche che tanto piacciono al segretario, sembra tanto un autogol.
Se è vero che con Letta si navigava a vista in uno stagno, si fa fatica a capire cosa e quanto possa cambiare con un governo retto pressoché dalle stesse forze.
Patti occulti? Strategia? Certamente.
Quello che ci si chiede è se a Renzi siano ben chiari gli attori in campo.
A reggere il suo governo, tra gli altri, c’è quel signore, il cui nome inizia per “A” e finisce per “lfano”, non conosciuto certo come uno dei più limpidi esempi di lealtà politica.
Davvero è convenuto? Davvero non si poteva fare altrimenti?
Ci sarebbero poi gli iscritti, “la base”, che “senza di quella scordatevi le altezze”
Sì, magari domani.
Forse.
Accettato (…) l’assunto che le sorti del nostro paese siano strettamente legate a quelle del Partito Democratico si intravedeva nelle premesse renziane, e solo in quelle, non certo una rivoluzione, quanto una vibrazione sulle statiche corde istituzionali.
Dal Jobs Act alla riforma elettorale la prevedibile rivelazione:
Renzi è solo l’ennesima corda, non la vibrazione.
Articolo originale publicato per Wild Italy
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