Dove siete?

Dove siete?
Sopravvivete, stanchi, trascinati dalla corrente, mai padroni di un destino saldamente in mano ad un giudice parziale che dà e toglie a piacimento.
Il suo.
Un capo, un conoscente, un “amico di famiglia”, distributore non automatico di favori.
Pazientate, sopportate: “andrà meglio”, penserete.

Dove siete?
Gli amici, la/il fidanzata/o, l’ebbrezza di una sera.
Vi lasciate cullàre da quel briciolo di benessere che trova ancora alloggio nelle nostre case. Rannicchiato, spaventato, cosciente -lui sì- della vita breve che lo attende.

Dove siete?
Schiavi della routine, entrati nel vortice non ne siete più usciti, vi siete adeguati nonostante aveste buone idee, annichiliti dalla mancanza di strumenti, di competenze, di voglia di cambiamento.
Appiattiti, azzerati, indotti al coma.

Dove siete?
Imperano le riforme al ribasso, si sciacalla, giornali e giornalisti proni, urla sguaiate, televisioni abbrutite, scadute, riciclate, odio verticale, odio orizzontale, odio diagonale, diffidenza estrema, solidarietà al lumicino, impresentabili issati ad eroi.

Dove siete?
Non pensate che non vi riguardi.
Non pensate che non ci sia speranza.

C’è bisogno di voi, di tutti voi: lavoratori dipendenti, studenti, giovani lavoratori, precari, mamme, papà, nonni, inoccupati e chiunque si voglia riprendere la propria vita, la propria dignità, il proprio futuro.

Uscite fuori, parlatevi, unitevi.
Lottiamo.

La comicità è una cosa seria

Se vi state interrogando su cosa o chi è mancato a questo Festival di Sanremo, eloquente paradigma di quel che è diventato il cabaret in Italia, la risposta è semplice:

è mancato uno bello grosso che entrava sul palco di corsa durante le esibizioni di gente come Pintus, Siani, I Soliti Idioti e Cirilli, e dopo aver menato tutti si rivolgesse loro dicendo paternalmente: “Fai altro“.

Se ti chiami Carpi…

Claudio Lotito, Consigliere federale con delega alle riforme della Lega Serie A:

“Se me porti in Serie A il Carpi… una può sali’, se mi porti su squadre che non valgono un cazzo noi fra due o tre anni non c’abbiamo più una lira.”

Il ragionamento, dal punto di vista imprenditoriale, non fa una piega: con la presenza di sole società importanti si vendono meglio i diritti TV, unica fonte di guadagno di un calcio italiano molto poco virtuoso.

Il ragionamento, dal punto di vista sportivo, oltre a fare spavento temo sancisca la fine della retorica che accompagna le nostre domeniche pallonare.
Sacrificio, sudore, bravura, lealtà, coesione, squadra, obiettivi: se ti chiami Carpi, lascia pure perdere, a te non è concesso.

(Fossi nel Carpi prenderei le sembianze di Luca Cordero di Montezemolo)

Fa curriculum

“Ai giovani volontari dell’Expo 2015 regaleremo un palmare e la divisa, facendoli entrare in un contesto veramente internazionale”

Le parole del commissario unico per Expo, Giuseppe Sala, sono utili per riflettere sulle dimensioni della tragedia che si sta consumando in Italia sul tema del lavoro, diventato ormai una concessione, un regalo, un atto volontario, un di più.

Fa curriculum, diranno.
Fa schifum, penso io.

Con tutte le scarpe

Fare paragoni tra realtà profondamente diverse l’ho sempre trovato un esercizio di stile, però, stavolta, lo confesso, ci sto cadendo con tutte le scarpe.

Italia e Grecia.

Senza bisogno di fare classifiche al ribasso su quale popolazione viva peggio va sottolineato il solco che, al di là delle cravatte d’etichetta, si sta scavando tra Renzi e Tsipras.

Uno, il nostro, nato incendiario rottamatore morto pompiere squinziano.
L’altro, il loro, nato borghese sta morendo operaio.

Non si poteva (può) che vedere la ricetta di Syriza come degna di attenzione, dirompente sì ma logica e conseguenziale. Oltre che innovativa.
Una risposta diversa a quelle già fallimentarmente attuate che, tornando all’esercizio di stile iniziale, sarebbe potuta anche tornare utile in scala tricolore.

E invece no, mi trovo costretto a sentire un premier, il nostro, che si affretta a far sapere al mondo che la BCE ha fatto bene a tagliare le gambe alla Grecia.

Capito? La disillusione deve restare il nostro faro;
Non sia mai che riuscissimo ad alzare un po’ la testa.