Halloween

Oggi è l’unico giorno dell’anno in cui il mio candido pallore latticineo e le mie occhiaie da panda tossicodipendente sono ben accetti. Anzi, addirittura incentivati e imitati.
Me lo godo tutto. Evviva Halloween!

Post scripta
– Latticineo è un neologismo.
– I lampadati, con mia somma soddisfazione, si attaccano al… trucco.

Un paese normale

Cosa si prova a vivere in un paese normale?

Insomma sì, un paese in cui la politica si occupa del cittadino e non il contrario.
Un paese in cui un condannato non siede in parlamento.
Un paese in cui il pudore esiste ancora.
Un paese in cui il Grande Fratello è solo nel libro di Orwell.
Un paese in cui uno Stato c’è.
Un paese in cui la Destra non è Berlusconi e la Sinistra non è di destra.
Un paese in cui il comico fa il comico, il medico fa il medico, il politico fa il politico, l’impiegato fa l’impiegato.
Un paese in cui il giornalismo è ancora qualcosa di serio e quindi su una testata importante non ci scrivono proprio tutti.
Un paese in cui l’italiano si parla e si scrive univocamente. Non si presta a proprie interpretazioni.
Un paese che salvaguarda il proprio territorio.
Un paese in cui la televisione non trasmette ciò che trasmette. (A quest’ora poi…uuuuuh!)
Un paese in cui i writers urbani e taggatori vari fanno i disegnini sul quaderno.
Un paese in cui gente come Giovanardi, Brunetta, Salvini, Santanchè, qualche volta si taccia. Da sola. Capisce.
Un paese in cui le persone in gamba sono persone in gamba. A dispetto di età, sesso e condizione sociale.
Un paese in cui i tuttologi capiscono di non esistere: se non si conosce una cosa non se ne parla. O almeno ci si informa. Ma ci si informa bene.
Un paese in cui si pagano le tasse.
Un paese in cui la mafia viene trattata come merda: allontanata, schifata, eliminata. Perché la merda puzza.
Un paese in cui comportarsi secondo le regole non è idiozia.
Un paese in cui si è prima professionisti e poi tifosi, non il contrario.
Un paese in cui se si sta male non si deve sperare di essere il figlio di Papa Francesco per essere trattato bene dentro un ospedale.
Un paese in cui negli ospedali non ci sono persone in corridoio.
Un paese in cui nelle carceri non ci sono sei persone in una cella da tre.
Un paese in cui, leggi come la Bossi-Fini-Maroni o la Fini-Giovanardi sono rimaste nei loro cassetti, vuoti come i loro cervelli.
Un paese in cui il video dei prediciottesimi sono vietati costituzionalmente.
Un paese in cui non si gioca a: – chi frega l’altro, vince.
Un paese in cui i servizi essenziali funzionano. O almeno sono presenti. (tiè, non esegerariamo)
Un paese in cui al sud, al nord, al centro, ad est o ad ovest si prova ad essere un popolo.
Un paese in cui vivere non significa sopravvivere.
Un paese in cui sognare è ancora legale.

Boh, chissà.

Invecchio?

C’è un momento nella vita che pensavo non arrivasse mai.
L’ho rimandato, l’ho scansato, l’ho evitato ma alla fine è arrivato lo stesso.

E’ il momento in cui ho cominciato a mangiare la verdura quasi volentieri, in cui i broccoletti alla fine non mi sono sembrati così terribili, la bieta è arrivata ad essere commestibile e le melanzane… no, quelle no, fanno ancora schifo.

Un’inezia in confronto alla scelta dell’ombrello: questi giorni io, Matteo Zocchi, ho SCELTO l’ombrello grande, quello di papà.
E sottolineo “scelto”, perchè se tempo fa ci fosse stato il diluvio universale, con l’arca di Noé che faceva a gara con lo yacht di Briatore sulla Nomentana, e se l’ombrello grande fosse stato l’ultimo disponibile, io, Matteo Zocchi, sarei uscito senza. Con serenità. Perchè l’ombrello grande era troppo grande, era scomodo.

Dulcis in fundo: mia sorella. Che mi accusa di pensare solamente a farle fare i compiti invece di farle le coccole. A me, Matteo Zocchi, i compiti.

Insomma, invecchio?