Valerio

Oggi in consiglio abbiamo presentato un atto che chiede al municipio di partecipare formalmente al quarantennale per Valerio Verbano e mi sono permesso una riflessione.

Il fatto che nell’aula del municipio nel quale è stato assassinato Valerio non fosse mai transitato un atto simile mi ha fatto riflettere moltissimo.
Prima di portarlo in aula e dopo una prima sfuriata di qualcuno mi sono interrogato: “forse sbaglio qualcosa, forse esagero, forse è davvero una provocazione”.

Poi ho ragionato.
la distanza che corre da un lato all’altro dell’aula è una distanza importante.
Le posizioni sono diverse, spesso opposte.
Le idee sono incredibilmente distanti, soprattutto su certi temi, su certe biografie, ormai si può dire che su determinati argomenti siano totalmente inconciliabili.

Eppure la nostra distanza è positiva.
Le differenze sono spesso non belle. Ma sono importanti.
Il conflitto che c’è su atti simili tra i due lati dell’aula non intendo appianarlo, non intendo mitigarlo, intendo addirittura preservarlo perché lo ritengo estremamente utile e in questo anno che ci separa dalle prossime elezioni non intendo cambiare per i turbamenti di qualcuno o di qualcuna.

Spesso ho provato rabbia per le cose ascoltate, altre volte, e sono certo di interpretare i sentimenti altrui, l’avrà provata qualcun altro ascoltando me.
Talvolta ho consumato una battaglia personale, cercando di convincere chi mi stava davanti, come se potessi farlo davvero, perché quelle idee erano per me intollerabili e andavano cambiate.
Niente di più sbagliato, e lo sto capendo adesso, dopo questa esperienza che stiamo maturando.

Non stiamo in aula a timbrare il cartellino, non siamo tutti uguali, non dobbiamo esserlo.
Le persone scelgono i propri rappresentanti sulla base di ciò che sono in grado di incarnare, sui valori di cui si fanno portatori, sulle idee che portano avanti.
Le nostre differenze e i nostri valori sono ciò che ci ha portato lì dentro.

La nostra maggioranza è stata eletta sulla base di un impianto valoriale basato sui cardini dell’antifascismo, del femminismo, dell’ambientalismo, della solidarietà, del mutualismo.
Alcuni di questi valori, dei nostri ideali, li tramutiamo in atti di consiglio o di giunta.

La politica, anche quella municipale, deve far questo, per me: l’ordinaria amministrazione, naturalmente, senza la quale sarebbe impossibile pensare al resto, cercare di innovare avendo in mente un territorio e una società migliori, e poi atti simbolicicome lo era questo– tutelando la memoria costante dei propri valori fondamentali, prendendo posizione su determinati argomenti, con coraggio e determinazione.

Valerio Verbano rappresenta molto per tutti noi, e la sua storia fa parte di quell’impianto di valori richiamati prima.
Onorare la memoria di Valerio, fare luce su quei giorni tragici a Roma e in Italia è per noi fondamentale.
Dobbiamo continuare a ricordare, promuovendo iniziative, ascoltando testimonianze e continuare a discutere di atti come quello che abbiamo portato oggi.

Verbano III Mun - Zocchi

VERITÀ E GIUSTIZIA PER GIULIO

A quattro anni dalla scomparsa abbiamo voluto ricordare Giulio Regeni e soprattutto chiedere con forza, ancora una volta, verità e giustizia.

Apponendo in municipio, tutte e tutti insieme, lo striscione di Amnesty International – Italia, che ringraziamo, abbiamo voluto mandare un abbraccio alla famiglia Regeni -che con dignità, compostezza e risolutezza è quotidianamente da esempio per ognuno di noi- e cercato di dare anche dal nostro territorio un piccolo contributo e altra forza alla campagna per Giulio.

Il dovere dei due governi coinvolti, egiziano e italiano, non può e non deve venire meno: quello egiziano ha il dovere di dire la verità e quello italiano deve pretenderla.

Siamo una moltitudine severa e inarrestabile, come ha scritto Claudio Regeni, finché questa barbarie resterà impunita, finché i colpevoli non saranno assicurati alla giustizia noi saremo qui, a chiedere sempre la stessa cosa: verità e giustizia per Giulio.

Regeni III Mun - Zocchi

“I sordi possono fare tutto tranne che sentire”

Stamattina al Liceo Nomentano ho partecipato a ‘Il Suono dei Sensi’, Dall’integrazione alla relazione | Dialogo tra sordi e udenti, incontro organizzato dal Gruppo AccessibiLis e Musica di Grande come una città.

Una mattinata, un’altra di quelle che fatico a raccontare, passata con la lacrima in bilico, osservando e ascoltando sordi e udenti di tutte le età che si raccontano e interagiscono, con un avvicendamento continuo di interpreti, voci e gestualità.
Con l’intimo interrogativo di cosa avresti fatto tu al posto loro, forse non saresti stato tanto forte, forse una tale mancanza ti avrebbe sovrastato.
Cerchi di immedesimarti per quell’attimo, spaventoso, nel figlio, nel genitore, nel parente, nell’insegnante, nell’amico, e ti senti pure un cretino ripensando al ricorrente desiderio di non sentire tutte le chiacchiere e le discussioni inutili e sterili di cui spesso le giornate della politica si riempiono.

Sorridi, amaro, rimanendo ammirato dall’arte della lingua Lis: i movimenti, le espressioni del corpo, la presenza scenica, come fossi a teatro… teatro non è, è la vita vera, si comunica proprio così ed è pura bellezza, arte.
Si spegne per un attimo la luce ed è un altro problema perché chi “parla” deve essere osservato bene e al buio la comunicazione non funziona.

E ancora la tua inadeguatezza ti si para davanti: ce la faresti a muoverti con tanta gentilezza e allo stesso tempo coordinazione, davanti a tutti?
Probabilmente no, saresti stato pure muto. All’angolo. Solo.

E dopo esserti sforzato a guardare la gestualità, come se potessi interpretarla ma ovviamente no, non è il francese, proprio non ce la fai, arriva il colpo di grazia con gli aneddoti sui bambini e l’attenzione alle vibrazioni per ascoltare la musica, l’unico modo per farlo, sulla percezione dei rumori forti della metro o sui ringraziamenti al dottore che ha appena fatto la risonanza magnetica, che ti convincono che alla fine non è una vergogna se alla fine quella lacrima in bilico dall’inizio la butti giù.

DISTRUTTA DA UN INCENDIO LA CAPANNA PROTOSTORICA DI FIDENE

Non il miglior modo di tornare al lavoro in questo nuovo anno.

Stamattina, dopo la chiamata di Cinzia Romagnoli, ci siamo subito recati a via Quarrata non potendo fare altro che constatare ciò che vedete nelle foto: la struttura della capanna coperta interamente dal tetto in fasci di cannucce e assi in legno quasi totalmente bruciati e all’interno il focolare fiancheggiato da alari d’argilla lasciate lì nella cenere e nel fango.

L’incendio è chiaramente doloso e non ci sono parole per descrivere l’ignominia di certi atti, soprattutto se compiuti in un quartiere nel quale di tutto c’era bisogno meno che di una cosa tanto meschina.

Ci siamo già messi al lavoro chiedendo alla Sovraintendenza Capitolina, presente al sopralluogo, di riportare il monumento alla sua bellezza originaria con ogni mezzo possibile.