Più spazi anche per loro

L’importanza che hanno gli animali nella nostra vita non è misurabile: l’affetto, la crescita personale, l’amicizia che ci regalano è qualcosa di straordinario che dobbiamo salvaguardare mettendo loro a disposizione un territorio all’altezza.

Sempre più spesso nel nostro municipio le aree cani sono lasciate alla cura dei volontari che se ne occupano altrimenti sarebbero preda dell’incuria e della sporcizia.

Dobbiamo assolutamente invertire la rotta valorizzando questi spazi di socialità importantissimi per i nostri animali ma anche per noi.

Quante più aree attrezzate, verdi e curate, fontanelle e cestini metteremo a disposizione tanto più i nostri amici a quattro zampe saranno felici.

E la loro felicità è anche la nostra.

Sfigometro

Aggiornamento dello sfigometro: “massimi livelli“.

Nella giornata di ieri l’ingrato cane che ospitiamo gentilmente all’interno dell’appartamento s’è azzuffato con un dobermann.
Sordo ai richiami, sfrontato e anche un po’ stupidino corre per metri per andare ad affrontare qualcosa di più grande di lui, di me e del PIL della Cina: 50 kg e oltre di qualcosa che assomiglia più ad un cavallo che ad un cane.

[ – “Nerino bello, che fai, dove vai, stai buono, vieni a casa ti preparo una bella tisana, guardiamo la tv, puoi salire sul divano, ti faccio le coccole!
– “Nono, quello mi guarda male, io vado, m’ha stufato!”
– “Parliamone, aspetta! Biscottino?
– “Bau bau, grrr, bau bau!” ]

Finita la guerra, chiaramente il saldo negativo tocca a me.
La mia mano destra è oggetto di ferita lacero contusa, dolori e punti.
Il soggiorno breve (7h) al Pertini è da libro cuore. Un cuore forte.
Dopo ore di attesa riesco a entrare in quella che considero le porte del paradiso.
Sbagliato: trattasi della sala visite del Dottor Mengele africano che si interroga sul senso della vita senza trovare una soluzione alla mia, evidente, prossima dipartita.

Altra attesa in corridoio insieme a bacini rotti di vecchiette loquacissime.

“- Zocchi!” “- Eccomi.”
Altro giro, altro luminare: lui un vero mister simpatia. Fa battute, tronfio.
Apprezza il taglio e lo definisce “bello“.
Ho temuto per un attimo volesse uscire a cena con la mia mano.
Non lo dico, temendo che spostandomi nel suo terreno, quello della simpatia, la mano me la tagliasse. Accidentalmente, certo.
Esco dopo la parziale sutura e con le dita alla Tutankhamon, ultima moda hipster della capitale egiziana.

Torno a casa.

Eccolo là, lo stolto.
Mortificato.
E’ sul divano e vuole le coccole… lo accontento.
La tisana però non te la faccio!”

Cave canem

La sveglia suona alle 6, e, come da due mesi a questa parte, abbaia e scondinzola.
Una roba che rivaluta ampiamente la catastrofica melodia del Samsung Galaxy facendola apparire come un quartetto per archi al chiaro di luna.

Mi sveglio.
O meglio: mi alzo.
No, meglio ancora: mi divido, mi spacco, mi scindo, mi disgrego.
In tante parti.

La parte maggiore s’incazza; perchè nonostante la gandhiana pazienza dalla quale ho imparato ad attingere ultimamente, non incazzarsi alle 6 non è umano. Dai.

Una parte minore, comunque rilevante, si alza, prepara da mangiare alla sveglia, che salta come un grillo e che in sette (7) secondi vanifica il lavoro mangiando anche la ciotola.
La parte tollerante rincorre la sveglia che non vuole mettersi il collare.
E’ pigra e non vuole uscire. Tale padrone, tale sveglia.

Si deve, però, uscire per forza: la sveglia ha le sue necessità.

Qui entra in gioco un’altra parte, quella che preferisco: la parte irriducibile, quella che non si rassegna, quella che continua a dormire, nonostante tutto; quella con le righine del cuscino ancora scavate sulla faccia, quella del capello (1) ribelle, quella che d’estate uscirà in pantofole (già so), quella che esce di casa e sbatte contro i pali.
Tanto è un sogno, non ti vede nessuno.
No, non è un sogno, ma sarà chiaro solo più tardi, verso le 10, quando tutto sarà sveglio.

Ultima, ma non ultima, la parte che invidio di più.
Con quale forza affronta la vita, con quale coraggio!

E’ la parte di me che alle 6.13, forse pavlovianamente, riesce a muovere le labbra di una bocca impastata con sabbia e calcestruzzo, rispondendo agli stimoli di altri individui.

Questi subdoli personaggi versano apparentemente – e purtroppo solo apparentemente – nelle mie stesse condizioni, ma sotto l’aria da sonno, rivestono i panni dei grandi oratori ansiosi di farti sapere cosa fanno, chi sono, da dove vengono, i loro sogni. Non contenti, pretendono, sia da te che dalla sveglia, addirittura un’interazione vocale e sensoriale.
Sono furbi,sono lesti, inutile scappare: cambiano strada, sbucano dagli angoli, ti assalgono.
Hanno voglia di parlare. Io no.
Vincono sempre loro.
La ggente mattutina.

Ma ne è valsa la pena?

nerino

E come faccio a dire che non è valsa la pena?
(Nella foto, la sveglia)