Il Lonfo

Il Lonfo non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta,
ma quando soffia il bego a bisce bisce
sdilenca un poco e gnagio s’archipatta.

È frusco il Lonfo! È pieno di lupigna
arrafferia malversa e sofolenta!
Se cionfi ti sbiduglia e ti arrupigna
se lugri ti botalla e ti criventa.

Eppure il vecchio Lonfo ammargelluto
che bete e zugghia e fonca nei trombazzi
fa lègica busìa, fa gisbuto;

e quasi quasi in segno di sberdazzi
gli affarferesti un gniffo. Ma lui zuto
t’alloppa, ti sbernecchia; e tu l’accazzi.

Gigi Proietti che interpreta il Lonfo 🤣

Rispetto

Non mi capacito dell’attenzione mediatica levatasi attorno alla Costa Concordia.

Un ricorso alla damnatio memoriae, ad una conventio ad tacendum, ad una quarantena, ad una censura, ad un qualcosa -qualsiasi cosa- in grado di contrastare le solite pratiche di minimizzazione, bonarizzazione, spettacolarizzazione della tragedia, sarebbe stato, secondo il mio umile punto di vista, un po’ più rispettoso.

E’ bene ricordarlo: trentadue persone su quella nave hanno perso la vita.

“Serve 1 per fare 100”

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“Spero di farmi capire perché non sono andato a scuola, né alle superiori né alle elementari.”

“Non me l’avete chiesto ma ora mi presento:
Faccio il raccoglitore qui da ventisei anni e sono fiero del mio lavoro.
Sono vicepresidente della ACAMJG, l’Associazione dei Lavoratori di Jardim Gramacho; rappresento ben 2500 persone che ogni giorno lavorano qui nella discarica e ne sono orgoglioso.”

“Diciamo che una casa produce un chilo di spazzatura; di questo chilo, la metà, 500 grammi, è materiale riciclabile, quindi mille case producono 500 chili di materiale che può essere riciclato.
Sono 500 chili di spazzatura in meno, che non inquina i fiumi, non finisce nelle fogne o non viene sepolta nella terra… dove farebbe gran danno alla natura e all’ambiente.
Cerco di spiegare alla gente tutto quello che può riciclare, come si fa il compost organico e qual è la cosa giusta da fare.”

A volte sento dire: “Che posso fare da solo?”
Ma anche una persona ha grande importanza, perché 99, non è 100… serve 1 per fare 100.”

Valter dos Santos

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Pensierino a freddo

Le campagne elettorali sono qualcosa di poco sopportabile.
Seguono un andamento ricorrente: c’è un “prima”, c’è un “durante”, c’è un “poi”.
Ad irritare maggiormente -almeno me- non è tanto l’apparente continua ciclicità, quanto piuttosto i toni utilizzati.
Becero tifo, slogan, polemiche, attacchi, insulti, gossip, rivalse, vendette.
Tendenze facilmente sommabili, non esclusive, non ascrivibili ad un partito in particolare.
Magari qualcuno ne abusa, è vero, ma la regola sembra essere quella di evocare quanto di più lontano ci sia dalla Politica: la distruzione.

Si votava per le Europee. E questo avrebbe dovuto quantomeno sopire il bruciore di leadership nazionale con cui i nostri rappresentanti si scottano e al quale oramai sembra si sia fatta l’abitudine.
Così non è stato.

Il teatrino penoso al quale abbiamo assistito si è giocato sul filo interdentale di dentiere, 80 euro e stampanti 3D.
Oddio, sul filo proprio no a giudicare dai risultati, ma la percezione, (i sondaggi meriterebbero un capitolo a parte), era questa e mediaticamente si è giocato un triangolare.

Uso metafora calcistica per sottolineare il livello che ci hanno regalato e al quale, senza sorpresa alcuna, l’elettorato si è adeguato.
Se da una parte il modus operandi dei rappresentaNti mi irrita, quello dei rappresentaTi mi intristisce.
Niente più che tifosi di una squadra, obnubilati, incattiviti e irridenti con l’unico scopo di prevalere sui tifosi dell’altra.

Una guerra tra poveri, esplosa tra elettorato PD e M5S. (Quelli di Forza Italia non pervenuti, come sempre.)
Gli uni esultano male perculando gli altri, gli altri insultano gli uni lanciando maledizioni contro chi non l’ha votati.
Dimostrando ancora una volta di non saper né vincere né perdere.

A me, e probabilmente solo a me, non piace.

Applausi

Il Sap, il Sindacato Autonomo di Polizia tributa cinque minuti di applausi ai carnefici di Federico Aldrovandi.

Roberto Mancini, il poliziotto che ha combattuto le ecomafie in Campania, ammalatosi in servizio proprio a causa dei veleni respirati in quelle terre intossicate, è morto oggi dopo una lunga battaglia.
Inascoltato per quindici anni, viene promosso alla carica invidiabilissima di sostituto commissario.

Un uomo che gli applausi se li merita(va) davvero.
A lui vanno i miei.

Attitudini

Si parlava ieri sera dei motivi per cui, ultimamente, ad ogni azione debba forzatamente corrispondere una reazione uguale, non necessariamente contraria, probabilmente peggiore.
Un do ut des della cattiveria, mai pago.

In breve, ci si chiedeva perché una più che legittima rivendicazione debba compulsivamente sfociare in violenza antitutto.
[“Che altrimenti il messaggio non arriva”.]
Dev’esserci parecchia confusione sul “Manuale del Piccolo Sovvertitore di Gerarchie Secolari, Ed. 2013-2014″: il capitolo sulla necessità di evitare di “menar le mani” con la celere, avvantaggiando colore e calore non si studia neanche più.
[“Che tanto non lo chiede”.]
Rebus sic stantibus, strategia poco vincente: i cops e la sdamba , neanche a dirlo, non vedono l’ora.
Azioni del genere compiute da personaggi del genere, rientrano nelle opere di misericordia, alla voce: “dare da bere agli assetati”, di cattolica reminescenza.

(Tautologico, pleonastico, ridondante.
Necessario anzichenò.)

Da vittima a carnefice, il passo è sempre più breve.
Fuoriesce con maggiore insistenza quell’attitudine brutale, prima repressa, a passare dalla parte del torto.
In scioltezza.

Esempio aneddotico proprio ieri sera, dal cornettaro di San Lorenzo, ore 3 a.m. :
In seguito a schiamazzi volano bottiglie piene d’acqua dai piani alti.
(…)
C’era una volta il secchio.
O meglio, l’acqua del secchio (che rimaneva ben saldo nelle mani del bestemmiante).

Una volta si era più signori.
Anche nelle reazioni.

La cosa più importante tra le meno importanti

Ogni essere umano dovrebbe -condizionale d’obbligo- possedere dentro di sé una gerarchia di valori che lo guida durante tutto l’arco della propria vita.
Ognuno sceglie il proprio ordine.
Un’influenza scorretta o un giudizio sulle gerarchie altrui non è concesso, la libertà di scelta e di pensiero sono ancora tutelate.

Un discorso che fa fatica a legare con l’irrazionalità del tifoso più sanguigno.

Ci sono due definizioni del termine “tifoso”:
– La prima allude alla malattia caratterizzata da febbre elevata, offuscamento della coscienza, prostrazione, delirio;
– La seconda si riferisce all’appassionato, all’acceso sostenitore di una squadra sportiva.
Nel modus tifandi dell’italiano, molto spesso queste due definizioni si intrecciano e, ancora più spesso, la prima si sostituisce alla seconda.

Domenica -esempio paradigmatico ma letteratura vastissima- sì è consumata una contestazione ai danni del Presidente della Lazio, Claudio Lotito.
Una protesta accorata, partecipata, colorata, contro una gestione che non soddisfa i tifosi.

Senza snocciolarne le ulteriori cause scatenanti -letteratura sterminata anche qui- preme sottolineare come uomini e donne con figli al seguito (generalizzazione dovuta) abbiano manifestato il proprio dissenso: dopo attenta analisi si è optato per l’insulto e l’augurio di morte.
A Lotito e familiari.
Viene spacciata per goliardia ma la tententazione a credere che sia qualcosa di diverso è insistente.

Ora, per il master in bon ton sono sempre state scelte altre strutture, non certo lo stadio, ma è evidente come l’appredimento pedagogico del bambino subisca in simili situazioni un significativo rallentamento. Talvolta un arresto.
Non si deve necessariamente essere un genitore della Mulino Bianco per comprendere l’inadeguatezza di uno sfogo di questo tipo, nei fatti un vomitatoio.

Non ci si meravigli, poi, di politiche gestite oltre il filo del “vaffa”, attualmente isolate ma destinate, se le nuove generazioni non dovessero emanciparsi da tale abbrutimento, alla proliferazione, assumendo rilievi di normalità.

Nella gerarchia dei valori che un genitore dovrebbe trasmettere ai propri figli, l’educazione resta sempre, sempre, sempre al primo posto.
Ricordando inoltre -venga perdonata l’ingerenza- come il calcio, e lo sport in generale, rimangano le cose più importanti tra quelle meno importanti.

Articolo originale pubblicato per Wild Italy

Tanto tuonò che Renzi

Sgombriamo subito il campo dai dubbi: è costituzionalmente legittima la nascita di un governo non votato dagli elettori.
Dal 1948, carta (costituzionale) canta.
Si può discutere sulla vetustà della suddetta in alcune materie, o sulla sua manchevolezza in altre.
Il padre costituente lungimirante, ad esempio, avrebbe messo una postilla sull’illegittimittà di un governo formato da elementi pericolosi quali Giovanardi, Razzi, Boccia, la moglie.
No, troppo ingeneroso: una cautela del genere, circondato da Pertini, Togliatti, Croce, De Gasperi era veramente impossibile prevederla.

Ma torniamo a loro.

Il PD, noto partito amante del sadomaso, riesce nell’impresa di bruciare l’unico cavallo vincente (perchè Renzi lo era) da tanti anni a questa parte con una mossa, legittima sì, naftalinica pure, esteticamente poco apprezzabile altrettanto.
Usando le metafore calcistiche che tanto piacciono al segretario, sembra tanto un autogol.
Se è vero che con Letta si navigava a vista in uno stagno, si fa fatica a capire cosa e quanto possa cambiare con un governo retto pressoché dalle stesse forze.

Patti occulti? Strategia? Certamente.
Quello che ci si chiede è se a Renzi siano ben chiari gli attori in campo.
A reggere il suo governo, tra gli altri, c’è quel signore, il cui nome inizia per “A” e finisce per “lfano”, non conosciuto certo come uno dei più limpidi esempi di lealtà politica.
Davvero è convenuto? Davvero non si poteva fare altrimenti?
Ci sarebbero poi gli iscritti, “la base”, che “senza di quella scordatevi le altezze
Sì, magari domani.
Forse.

Accettato (…) l’assunto che le sorti del nostro paese siano strettamente legate a quelle del Partito Democratico si intravedeva nelle premesse renziane, e solo in quelle, non certo una rivoluzione, quanto una vibrazione sulle statiche corde istituzionali.
Dal Jobs Act alla riforma elettorale la prevedibile rivelazione:
Renzi è solo l’ennesima corda, non la vibrazione.

Articolo originale publicato per Wild Italy

ACAB – BACA

ACAB

C’era una volta, in un luogo non troppo lontano, uno studente.
Insieme ai suoi compagni, studiava, coltivava speranze, sognava.
Sognava un futuro che non c’era, qualcuno glielo aveva tolto.
Quel qualcuno era la Politica, responsabile di decenni di smantellamento culturale e impoverimento sociale.
Stanco di tutto, un giorno, dopo l’ennesimo sgarbo, ritenne doveroso manifestare il proprio dissenso:

Manifestò.
Formò un corteo, urlò con tutto l’odio che aveva in corpo, lanciò oggetti e parolacce contro la Polizia, colpevole di difendere le istituzioni (mica come a Torino), scrisse sui muri della propria Università, insultò chi non si univa a lui.

Rovesciò l’ordine istituito.
Delle transenne.

BACA

C’era una volta, nello stesso luogo di prima, un altro studente.
Insieme ai suoi compagni, studiava, coltivava speranze, sognava.
Anche lui c’era cascato, anche lui sognava un futuro che non c’era.
Anche lui stanco di tutto, un giorno, dopo l’ennesimo sgarbo, ritenne doveroso manifestare il proprio dissenso:

Studiò.
Si istruì, sì animò, si organizzò, cercò di migliorare la situazione con criterio.
Partì da se stesso, migliorò il suo comportamento, i suoi rapporti, il suo approccio ai problemi.
Altri lo imitarono.

Rovesciò l’ordine istituito.

La grande ricchezza

La grandezza del patrimonio artistico-culturale fa dell’Italia il paese del mondo con la più alta concentrazione di beni archeologici e artistici.

Dati alla mano, sono presenti nel nostro territorio più di 4.500 musei, monumenti e istituti similari.
E’ proprio la sterminata quantità delle strutture museali a determinare un problema.
La conservazione di queste, infatti, richiede un altrettanto sterminata quantità di risorse, tanto in termini di denaro quanto di progettualità.
Indicativo in tal senso l’esiguo impegno dello Stato: l’Italia è all’ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura.
L’1,1% contro il 2,2% della media UE. (Fonte Eurostat)

L’indagine Istat appena terminata dipinge bene il quadro dell’attuale situazione museale:

– Nella metà dei musei italiani l’ingresso è gratuito. Per 1/3 degli istituti l’incasso annuo derivante dai biglietti non supera i 20.000 euro.
– Poco meno della metà dei visitatori è di nazionalità straniera, ma si concentra per lo più nei maggiori siti.
– Il 60% dei musei non è in grado di fornire al pubblico informazioni in lingua straniera.
– La maggior parte degli istituti museali italiani svolge la propria attività grazie a una quantità esigua di personale: l’80% degli istituti non ha più di 5 addetti.
Solo la metà dei musei italiani ha un proprio sito, meno della metà pubblica online il calendario delle iniziative, solo il 13,3% rende disponibile un catalogo online, meno di un decimo degli istituti (9,4%) offre ai visitatori connettività Wi-Fi e appena il 5% permette prenotazioni online.
– Tanti i beni conservati, ma che non sempre vengono documentati e valorizzati.

Un’immagine abbastanza decadente.
Un settore unico al mondo, dalle potenzialità esagerate, che si scontra con una mancanza di attenzione da parte delle Istituzioni.

Un paradosso considerando l’orgoglio che suscita solo il sentir nominare artisti come Giotto, Donatello, Brunelleschi, Michelangelo, Leonardo, Botticelli.
Ma estendendo il campo, si pensi anche a Dante, Petrarca, Boccaccio e tutte quelle personalità che rappresentano ciò che di migliore questo Paese ha partorito. O magari solo assecondato, come piace pensare a molti.
Un orgoglio non a termine, come quello in cui ci imbattiamo oggi durante le partite della Nazionale o quando un uomo di origini italiane diventa sindaco di New York.
Non quel bisogno atavico di dover rivendicare una vicinanza al vincente di turno, no; un orgoglio immanente, eterno, su cui nessuno può gettare ombre.

Le dichiarazioni di Tremonti nel 2010 fecero scuola: “Con la cultura non si mangia”,  affermò l’allora Ministro dell’Economia.
Effettivamente, se si vanno ad osservare i bilanci, tutti i maggiori musei del mondo hanno i conti in rosso;
Affermazione giusta, quindi? No, parziale. (Anche tralasciando la mera parte economica del viaggio artistico-culturale del turista)
C’è un’altro tipo di pasto, come ha ricordato il jazzista Paolo Fresu, tra i vincitori del Premio De Sica, che è quello dell’anima.
La cultura, l’orgoglio identitario, il patrimonio artistico, la storia hanno plasmato l’essere umano, l’hanno arricchito.
Lo fanno continuamente.
Il reddito intellettuale di cui il nostro patrimonio è fonte primaria è certamente degno di essere salvaguardato.

Che resti l’Italia di Pompei, del Foro Romano, di Venezia, di Firenze, e non l’Italia di Berlusconi, Fabrizio Corona e Antonio Cassano.

Dostoevskij affermava che la bellezza salverà il mondo.
Ebbene, è arrivato il momento di rovesciare l’assunto: che sia il mondo a salvare la bellezza!

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