Caro Donald Trump

Caro Donald J. Trump,
vieni a fare una passeggiata sul Lago di Bracciano così magari, oltre ad uscire dall'Happy Meal nel quale vivi, ti puoi rendere conto con i tuoi occhi che la situazione precipita.
Mentre giochi a Age Of Empires, cancelli accordi sul clima e neghi l'esistenza del cambiamento climatico, noi romani dalla prossima settimana dovremo fare i turni per bere e lavarci.

P.s.
Il lago di Bracciano rimane bellissimo nonostante la poca acqua.

Con tutte le scarpe

Fare paragoni tra realtà profondamente diverse l’ho sempre trovato un esercizio di stile, però, stavolta, lo confesso, ci sto cadendo con tutte le scarpe.

Italia e Grecia.

Senza bisogno di fare classifiche al ribasso su quale popolazione viva peggio va sottolineato il solco che, al di là delle cravatte d’etichetta, si sta scavando tra Renzi e Tsipras.

Uno, il nostro, nato incendiario rottamatore morto pompiere squinziano.
L’altro, il loro, nato borghese sta morendo operaio.

Non si poteva (può) che vedere la ricetta di Syriza come degna di attenzione, dirompente sì ma logica e conseguenziale. Oltre che innovativa.
Una risposta diversa a quelle già fallimentarmente attuate che, tornando all’esercizio di stile iniziale, sarebbe potuta anche tornare utile in scala tricolore.

E invece no, mi trovo costretto a sentire un premier, il nostro, che si affretta a far sapere al mondo che la BCE ha fatto bene a tagliare le gambe alla Grecia.

Capito? La disillusione deve restare il nostro faro;
Non sia mai che riuscissimo ad alzare un po’ la testa.

Ora

Roma è una giungla di nervosismi.
Le feste alle porte, infanticidi strillati e sbattuti ovunque, i soldi che mancano, “mafia capitale“, gli addobbi inguardabili, Salvini, la crisi, Carminati, il traffico decuplicato, Buzzi, gli autobus assenti, Alemanno, i regali: – ah che palle i regali, Odevaine, i babbi natale: in diminuzione ma temo sia solo presto, tangenti, – chefaiacapodanno?, appalti truccati, i canditi, Storace e simili, la neve finta, una parolina sulle altre cooperative?, il presepe, Riccardo Mancini, ricostruzioni di verginità.

Ora, per il Natale non possiamo far nulla e al di là delle controindicazioni ogni anno ci troviamo inevitabilmente a ciondolare sulle note di Jingle Bells.
Per il resto, checché ne pensi e urli qualcuno c’è la Politica.

Pensierino a freddo

Le campagne elettorali sono qualcosa di poco sopportabile.
Seguono un andamento ricorrente: c’è un “prima”, c’è un “durante”, c’è un “poi”.
Ad irritare maggiormente -almeno me- non è tanto l’apparente continua ciclicità, quanto piuttosto i toni utilizzati.
Becero tifo, slogan, polemiche, attacchi, insulti, gossip, rivalse, vendette.
Tendenze facilmente sommabili, non esclusive, non ascrivibili ad un partito in particolare.
Magari qualcuno ne abusa, è vero, ma la regola sembra essere quella di evocare quanto di più lontano ci sia dalla Politica: la distruzione.

Si votava per le Europee. E questo avrebbe dovuto quantomeno sopire il bruciore di leadership nazionale con cui i nostri rappresentanti si scottano e al quale oramai sembra si sia fatta l’abitudine.
Così non è stato.

Il teatrino penoso al quale abbiamo assistito si è giocato sul filo interdentale di dentiere, 80 euro e stampanti 3D.
Oddio, sul filo proprio no a giudicare dai risultati, ma la percezione, (i sondaggi meriterebbero un capitolo a parte), era questa e mediaticamente si è giocato un triangolare.

Uso metafora calcistica per sottolineare il livello che ci hanno regalato e al quale, senza sorpresa alcuna, l’elettorato si è adeguato.
Se da una parte il modus operandi dei rappresentaNti mi irrita, quello dei rappresentaTi mi intristisce.
Niente più che tifosi di una squadra, obnubilati, incattiviti e irridenti con l’unico scopo di prevalere sui tifosi dell’altra.

Una guerra tra poveri, esplosa tra elettorato PD e M5S. (Quelli di Forza Italia non pervenuti, come sempre.)
Gli uni esultano male perculando gli altri, gli altri insultano gli uni lanciando maledizioni contro chi non l’ha votati.
Dimostrando ancora una volta di non saper né vincere né perdere.

A me, e probabilmente solo a me, non piace.

Attitudini

Si parlava ieri sera dei motivi per cui, ultimamente, ad ogni azione debba forzatamente corrispondere una reazione uguale, non necessariamente contraria, probabilmente peggiore.
Un do ut des della cattiveria, mai pago.

In breve, ci si chiedeva perché una più che legittima rivendicazione debba compulsivamente sfociare in violenza antitutto.
[“Che altrimenti il messaggio non arriva”.]
Dev’esserci parecchia confusione sul “Manuale del Piccolo Sovvertitore di Gerarchie Secolari, Ed. 2013-2014″: il capitolo sulla necessità di evitare di “menar le mani” con la celere, avvantaggiando colore e calore non si studia neanche più.
[“Che tanto non lo chiede”.]
Rebus sic stantibus, strategia poco vincente: i cops e la sdamba , neanche a dirlo, non vedono l’ora.
Azioni del genere compiute da personaggi del genere, rientrano nelle opere di misericordia, alla voce: “dare da bere agli assetati”, di cattolica reminescenza.

(Tautologico, pleonastico, ridondante.
Necessario anzichenò.)

Da vittima a carnefice, il passo è sempre più breve.
Fuoriesce con maggiore insistenza quell’attitudine brutale, prima repressa, a passare dalla parte del torto.
In scioltezza.

Esempio aneddotico proprio ieri sera, dal cornettaro di San Lorenzo, ore 3 a.m. :
In seguito a schiamazzi volano bottiglie piene d’acqua dai piani alti.
(…)
C’era una volta il secchio.
O meglio, l’acqua del secchio (che rimaneva ben saldo nelle mani del bestemmiante).

Una volta si era più signori.
Anche nelle reazioni.

La cosa più importante tra le meno importanti

Ogni essere umano dovrebbe -condizionale d’obbligo- possedere dentro di sé una gerarchia di valori che lo guida durante tutto l’arco della propria vita.
Ognuno sceglie il proprio ordine.
Un’influenza scorretta o un giudizio sulle gerarchie altrui non è concesso, la libertà di scelta e di pensiero sono ancora tutelate.

Un discorso che fa fatica a legare con l’irrazionalità del tifoso più sanguigno.

Ci sono due definizioni del termine “tifoso”:
– La prima allude alla malattia caratterizzata da febbre elevata, offuscamento della coscienza, prostrazione, delirio;
– La seconda si riferisce all’appassionato, all’acceso sostenitore di una squadra sportiva.
Nel modus tifandi dell’italiano, molto spesso queste due definizioni si intrecciano e, ancora più spesso, la prima si sostituisce alla seconda.

Domenica -esempio paradigmatico ma letteratura vastissima- sì è consumata una contestazione ai danni del Presidente della Lazio, Claudio Lotito.
Una protesta accorata, partecipata, colorata, contro una gestione che non soddisfa i tifosi.

Senza snocciolarne le ulteriori cause scatenanti -letteratura sterminata anche qui- preme sottolineare come uomini e donne con figli al seguito (generalizzazione dovuta) abbiano manifestato il proprio dissenso: dopo attenta analisi si è optato per l’insulto e l’augurio di morte.
A Lotito e familiari.
Viene spacciata per goliardia ma la tententazione a credere che sia qualcosa di diverso è insistente.

Ora, per il master in bon ton sono sempre state scelte altre strutture, non certo lo stadio, ma è evidente come l’appredimento pedagogico del bambino subisca in simili situazioni un significativo rallentamento. Talvolta un arresto.
Non si deve necessariamente essere un genitore della Mulino Bianco per comprendere l’inadeguatezza di uno sfogo di questo tipo, nei fatti un vomitatoio.

Non ci si meravigli, poi, di politiche gestite oltre il filo del “vaffa”, attualmente isolate ma destinate, se le nuove generazioni non dovessero emanciparsi da tale abbrutimento, alla proliferazione, assumendo rilievi di normalità.

Nella gerarchia dei valori che un genitore dovrebbe trasmettere ai propri figli, l’educazione resta sempre, sempre, sempre al primo posto.
Ricordando inoltre -venga perdonata l’ingerenza- come il calcio, e lo sport in generale, rimangano le cose più importanti tra quelle meno importanti.

Articolo originale pubblicato per Wild Italy

Tanto tuonò che Renzi

Sgombriamo subito il campo dai dubbi: è costituzionalmente legittima la nascita di un governo non votato dagli elettori.
Dal 1948, carta (costituzionale) canta.
Si può discutere sulla vetustà della suddetta in alcune materie, o sulla sua manchevolezza in altre.
Il padre costituente lungimirante, ad esempio, avrebbe messo una postilla sull’illegittimittà di un governo formato da elementi pericolosi quali Giovanardi, Razzi, Boccia, la moglie.
No, troppo ingeneroso: una cautela del genere, circondato da Pertini, Togliatti, Croce, De Gasperi era veramente impossibile prevederla.

Ma torniamo a loro.

Il PD, noto partito amante del sadomaso, riesce nell’impresa di bruciare l’unico cavallo vincente (perchè Renzi lo era) da tanti anni a questa parte con una mossa, legittima sì, naftalinica pure, esteticamente poco apprezzabile altrettanto.
Usando le metafore calcistiche che tanto piacciono al segretario, sembra tanto un autogol.
Se è vero che con Letta si navigava a vista in uno stagno, si fa fatica a capire cosa e quanto possa cambiare con un governo retto pressoché dalle stesse forze.

Patti occulti? Strategia? Certamente.
Quello che ci si chiede è se a Renzi siano ben chiari gli attori in campo.
A reggere il suo governo, tra gli altri, c’è quel signore, il cui nome inizia per “A” e finisce per “lfano”, non conosciuto certo come uno dei più limpidi esempi di lealtà politica.
Davvero è convenuto? Davvero non si poteva fare altrimenti?
Ci sarebbero poi gli iscritti, “la base”, che “senza di quella scordatevi le altezze
Sì, magari domani.
Forse.

Accettato (…) l’assunto che le sorti del nostro paese siano strettamente legate a quelle del Partito Democratico si intravedeva nelle premesse renziane, e solo in quelle, non certo una rivoluzione, quanto una vibrazione sulle statiche corde istituzionali.
Dal Jobs Act alla riforma elettorale la prevedibile rivelazione:
Renzi è solo l’ennesima corda, non la vibrazione.

Articolo originale publicato per Wild Italy

ACAB – BACA

ACAB

C’era una volta, in un luogo non troppo lontano, uno studente.
Insieme ai suoi compagni, studiava, coltivava speranze, sognava.
Sognava un futuro che non c’era, qualcuno glielo aveva tolto.
Quel qualcuno era la Politica, responsabile di decenni di smantellamento culturale e impoverimento sociale.
Stanco di tutto, un giorno, dopo l’ennesimo sgarbo, ritenne doveroso manifestare il proprio dissenso:

Manifestò.
Formò un corteo, urlò con tutto l’odio che aveva in corpo, lanciò oggetti e parolacce contro la Polizia, colpevole di difendere le istituzioni (mica come a Torino), scrisse sui muri della propria Università, insultò chi non si univa a lui.

Rovesciò l’ordine istituito.
Delle transenne.

BACA

C’era una volta, nello stesso luogo di prima, un altro studente.
Insieme ai suoi compagni, studiava, coltivava speranze, sognava.
Anche lui c’era cascato, anche lui sognava un futuro che non c’era.
Anche lui stanco di tutto, un giorno, dopo l’ennesimo sgarbo, ritenne doveroso manifestare il proprio dissenso:

Studiò.
Si istruì, sì animò, si organizzò, cercò di migliorare la situazione con criterio.
Partì da se stesso, migliorò il suo comportamento, i suoi rapporti, il suo approccio ai problemi.
Altri lo imitarono.

Rovesciò l’ordine istituito.

Trasformazioni

Hai mai sognato di indossare i panni di qualcun altro?
Che so, Cristiano Ronaldo, il Papa, Carl Marx, Barack Obama?

Ecco, la febbre te lo permette.
Convengo con te, la trasformazione non corrisponde propriamente a quella sperata, ma Carnevale è lontano e io sono uno dalle poche pretese.

Dicevo.
La febbre ti offre quella STRAORDINARIA possibilità di arrivare ad un livello di abbrutimento tale da far invidia all’uomo primitivo.
Quel livello di inciviltà riscontrabile in un altro animale sociale, non ancora estinto: il LEGHISTA.
L’esperienza del Leghista tocca tutti, prima o poi.
Dopo giorni di alterazione, nei quali ti viene propinato il brodino a colazione, il brodino a pranzo, il brodino a merenda e il brodino a cena (no, immaginare di mangiare caviale non servirà), dopo giorni nei quali il Paracetamolo diventa il tuo migliore amico e dopo ogni brodino aspetti solo quella bella Tachipirina bianca (no, non la supposta), dopo giorni nei quali la doccia diventa un miraggio (no, non ho ancora capito perché è sconsigliata) il tuo comportamento non può che risentirne.
E’ inevitabile.
L’educazione viene dimenticata, per passare il tempo si recita la Divina Commedia ruttando in tonalità di La minore, i capelli diventano più unti di una crema per mani scaduta, ci si esprime in grugniti e parolacce, e l’odore emanato non è esattamente eau de parfum by Paco Rabanne.

Capisci adesso?

Salvini, nuovo segretario Lega Nord, che prima propone un autobus riservato agli immigrati e poi dedica un pensiero a “Nelson Mandela e a chi lotta per la libertà”, ha semplicemente la febbre.
Il leghista è un uomo con la febbre.

Sei un privilegiato, a te passa.
Pensaci la prossima volta che vieni turbato dalle parole di personaggi del genere.

La grande ricchezza

La grandezza del patrimonio artistico-culturale fa dell’Italia il paese del mondo con la più alta concentrazione di beni archeologici e artistici.

Dati alla mano, sono presenti nel nostro territorio più di 4.500 musei, monumenti e istituti similari.
E’ proprio la sterminata quantità delle strutture museali a determinare un problema.
La conservazione di queste, infatti, richiede un altrettanto sterminata quantità di risorse, tanto in termini di denaro quanto di progettualità.
Indicativo in tal senso l’esiguo impegno dello Stato: l’Italia è all’ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura.
L’1,1% contro il 2,2% della media UE. (Fonte Eurostat)

L’indagine Istat appena terminata dipinge bene il quadro dell’attuale situazione museale:

– Nella metà dei musei italiani l’ingresso è gratuito. Per 1/3 degli istituti l’incasso annuo derivante dai biglietti non supera i 20.000 euro.
– Poco meno della metà dei visitatori è di nazionalità straniera, ma si concentra per lo più nei maggiori siti.
– Il 60% dei musei non è in grado di fornire al pubblico informazioni in lingua straniera.
– La maggior parte degli istituti museali italiani svolge la propria attività grazie a una quantità esigua di personale: l’80% degli istituti non ha più di 5 addetti.
Solo la metà dei musei italiani ha un proprio sito, meno della metà pubblica online il calendario delle iniziative, solo il 13,3% rende disponibile un catalogo online, meno di un decimo degli istituti (9,4%) offre ai visitatori connettività Wi-Fi e appena il 5% permette prenotazioni online.
– Tanti i beni conservati, ma che non sempre vengono documentati e valorizzati.

Un’immagine abbastanza decadente.
Un settore unico al mondo, dalle potenzialità esagerate, che si scontra con una mancanza di attenzione da parte delle Istituzioni.

Un paradosso considerando l’orgoglio che suscita solo il sentir nominare artisti come Giotto, Donatello, Brunelleschi, Michelangelo, Leonardo, Botticelli.
Ma estendendo il campo, si pensi anche a Dante, Petrarca, Boccaccio e tutte quelle personalità che rappresentano ciò che di migliore questo Paese ha partorito. O magari solo assecondato, come piace pensare a molti.
Un orgoglio non a termine, come quello in cui ci imbattiamo oggi durante le partite della Nazionale o quando un uomo di origini italiane diventa sindaco di New York.
Non quel bisogno atavico di dover rivendicare una vicinanza al vincente di turno, no; un orgoglio immanente, eterno, su cui nessuno può gettare ombre.

Le dichiarazioni di Tremonti nel 2010 fecero scuola: “Con la cultura non si mangia”,  affermò l’allora Ministro dell’Economia.
Effettivamente, se si vanno ad osservare i bilanci, tutti i maggiori musei del mondo hanno i conti in rosso;
Affermazione giusta, quindi? No, parziale. (Anche tralasciando la mera parte economica del viaggio artistico-culturale del turista)
C’è un’altro tipo di pasto, come ha ricordato il jazzista Paolo Fresu, tra i vincitori del Premio De Sica, che è quello dell’anima.
La cultura, l’orgoglio identitario, il patrimonio artistico, la storia hanno plasmato l’essere umano, l’hanno arricchito.
Lo fanno continuamente.
Il reddito intellettuale di cui il nostro patrimonio è fonte primaria è certamente degno di essere salvaguardato.

Che resti l’Italia di Pompei, del Foro Romano, di Venezia, di Firenze, e non l’Italia di Berlusconi, Fabrizio Corona e Antonio Cassano.

Dostoevskij affermava che la bellezza salverà il mondo.
Ebbene, è arrivato il momento di rovesciare l’assunto: che sia il mondo a salvare la bellezza!

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Grecia, crisi shock: la popolazione si autoinfetta

Cosa succede in Grecia, il paese in crisi per antonomasia?

Si è andati ben oltre la disperazione, a quanto afferma l’OMS: “Il 50% delle nuove infezioni da Hiv sono state autoinflitte per ricevere il sussidio statale da 700 euro.”
Giornali di tutto il mondo riprendono la notizia, nelle case sale la tensione, nei Social Network esplode lo sdegno.

E’ vero? No.

L’OMS smentisce, scusandosi:

In September 2013, WHO/Europe published “Review of social determinants and the health divide in the WHO European Region”. The report incorrectly states that, in Greece: “HIV rates and heroin use have risen significantly, with about half of new HIV infections being self-inflicted to enable people to receive benefits of €700 per month and faster admission on to drug substitution programmes”.

In fact, what is accurate to say is that slightly more than half of Greece’s new HIV cases are among those who inject drugs. WHO recognizes that there is no evidence suggesting that deliberate self-infection with HIV goes beyond a few anecdotal cases. The statement is the consequence of an error in the editing of the report, for which WHO apologizes.

Greece reported a significant increase (52%) in new HIV infections from 2010 to 2011, largely driven by infections among people who inject drugs. The causes for this increase are multifaceted and WHO welcomes the work of the ad hoc expert group and other entities to improve understanding of them and to recommend appropriate measures to extend the benefits of the comprehensive package of interventions for harm reduction to all people who inject drugs.”

Capito? Tranne alcuni casi aneddotici (Uno? Due? Va be’.) non ci sono prove.
Errare humanum est. Può succedere.

Il ruolo del cattivo in questa storia lo interpretano, ancora una volta, giornali, giornaletti e presunti tali che, calcando la penna neanche troppo velatamente, fanno intendere che atteggiamenti del genere siano normale evidenza della crisi e che, prima o poi, toccheranno anche altre realtà. (No, non la nostra. L’Idiotina va ancora per la maggiore, altro che HIV)

Nelle loro rettifiche, rigorosamente in calce – quando non parziali o errate (chissà se per una conoscenza dell’inglese di Pittelliana memoria) – cambiano sensibilmente i toni. Più da lancio di agenzia che da articolo di giornale. Più da scaricabarile che da professionista.

Nelle redazioni, a quanto pare, si continua a praticare il sensazionalismo a livelli agonistici.
Senza scusarsi.

uffa-sono-stufo-di-aspettare-che-si-trucchi-per-uscire