ACAB – BACA

ACAB

C’era una volta, in un luogo non troppo lontano, uno studente.
Insieme ai suoi compagni, studiava, coltivava speranze, sognava.
Sognava un futuro che non c’era, qualcuno glielo aveva tolto.
Quel qualcuno era la Politica, responsabile di decenni di smantellamento culturale e impoverimento sociale.
Stanco di tutto, un giorno, dopo l’ennesimo sgarbo, ritenne doveroso manifestare il proprio dissenso:

Manifestò.
Formò un corteo, urlò con tutto l’odio che aveva in corpo, lanciò oggetti e parolacce contro la Polizia, colpevole di difendere le istituzioni (mica come a Torino), scrisse sui muri della propria Università, insultò chi non si univa a lui.

Rovesciò l’ordine istituito.
Delle transenne.

BACA

C’era una volta, nello stesso luogo di prima, un altro studente.
Insieme ai suoi compagni, studiava, coltivava speranze, sognava.
Anche lui c’era cascato, anche lui sognava un futuro che non c’era.
Anche lui stanco di tutto, un giorno, dopo l’ennesimo sgarbo, ritenne doveroso manifestare il proprio dissenso:

Studiò.
Si istruì, sì animò, si organizzò, cercò di migliorare la situazione con criterio.
Partì da se stesso, migliorò il suo comportamento, i suoi rapporti, il suo approccio ai problemi.
Altri lo imitarono.

Rovesciò l’ordine istituito.

Trasformazioni

Hai mai sognato di indossare i panni di qualcun altro?
Che so, Cristiano Ronaldo, il Papa, Carl Marx, Barack Obama?

Ecco, la febbre te lo permette.
Convengo con te, la trasformazione non corrisponde propriamente a quella sperata, ma Carnevale è lontano e io sono uno dalle poche pretese.

Dicevo.
La febbre ti offre quella STRAORDINARIA possibilità di arrivare ad un livello di abbrutimento tale da far invidia all’uomo primitivo.
Quel livello di inciviltà riscontrabile in un altro animale sociale, non ancora estinto: il LEGHISTA.
L’esperienza del Leghista tocca tutti, prima o poi.
Dopo giorni di alterazione, nei quali ti viene propinato il brodino a colazione, il brodino a pranzo, il brodino a merenda e il brodino a cena (no, immaginare di mangiare caviale non servirà), dopo giorni nei quali il Paracetamolo diventa il tuo migliore amico e dopo ogni brodino aspetti solo quella bella Tachipirina bianca (no, non la supposta), dopo giorni nei quali la doccia diventa un miraggio (no, non ho ancora capito perché è sconsigliata) il tuo comportamento non può che risentirne.
E’ inevitabile.
L’educazione viene dimenticata, per passare il tempo si recita la Divina Commedia ruttando in tonalità di La minore, i capelli diventano più unti di una crema per mani scaduta, ci si esprime in grugniti e parolacce, e l’odore emanato non è esattamente eau de parfum by Paco Rabanne.

Capisci adesso?

Salvini, nuovo segretario Lega Nord, che prima propone un autobus riservato agli immigrati e poi dedica un pensiero a “Nelson Mandela e a chi lotta per la libertà”, ha semplicemente la febbre.
Il leghista è un uomo con la febbre.

Sei un privilegiato, a te passa.
Pensaci la prossima volta che vieni turbato dalle parole di personaggi del genere.

La grande ricchezza

La grandezza del patrimonio artistico-culturale fa dell’Italia il paese del mondo con la più alta concentrazione di beni archeologici e artistici.

Dati alla mano, sono presenti nel nostro territorio più di 4.500 musei, monumenti e istituti similari.
E’ proprio la sterminata quantità delle strutture museali a determinare un problema.
La conservazione di queste, infatti, richiede un altrettanto sterminata quantità di risorse, tanto in termini di denaro quanto di progettualità.
Indicativo in tal senso l’esiguo impegno dello Stato: l’Italia è all’ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura.
L’1,1% contro il 2,2% della media UE. (Fonte Eurostat)

L’indagine Istat appena terminata dipinge bene il quadro dell’attuale situazione museale:

– Nella metà dei musei italiani l’ingresso è gratuito. Per 1/3 degli istituti l’incasso annuo derivante dai biglietti non supera i 20.000 euro.
– Poco meno della metà dei visitatori è di nazionalità straniera, ma si concentra per lo più nei maggiori siti.
– Il 60% dei musei non è in grado di fornire al pubblico informazioni in lingua straniera.
– La maggior parte degli istituti museali italiani svolge la propria attività grazie a una quantità esigua di personale: l’80% degli istituti non ha più di 5 addetti.
Solo la metà dei musei italiani ha un proprio sito, meno della metà pubblica online il calendario delle iniziative, solo il 13,3% rende disponibile un catalogo online, meno di un decimo degli istituti (9,4%) offre ai visitatori connettività Wi-Fi e appena il 5% permette prenotazioni online.
– Tanti i beni conservati, ma che non sempre vengono documentati e valorizzati.

Un’immagine abbastanza decadente.
Un settore unico al mondo, dalle potenzialità esagerate, che si scontra con una mancanza di attenzione da parte delle Istituzioni.

Un paradosso considerando l’orgoglio che suscita solo il sentir nominare artisti come Giotto, Donatello, Brunelleschi, Michelangelo, Leonardo, Botticelli.
Ma estendendo il campo, si pensi anche a Dante, Petrarca, Boccaccio e tutte quelle personalità che rappresentano ciò che di migliore questo Paese ha partorito. O magari solo assecondato, come piace pensare a molti.
Un orgoglio non a termine, come quello in cui ci imbattiamo oggi durante le partite della Nazionale o quando un uomo di origini italiane diventa sindaco di New York.
Non quel bisogno atavico di dover rivendicare una vicinanza al vincente di turno, no; un orgoglio immanente, eterno, su cui nessuno può gettare ombre.

Le dichiarazioni di Tremonti nel 2010 fecero scuola: “Con la cultura non si mangia”,  affermò l’allora Ministro dell’Economia.
Effettivamente, se si vanno ad osservare i bilanci, tutti i maggiori musei del mondo hanno i conti in rosso;
Affermazione giusta, quindi? No, parziale. (Anche tralasciando la mera parte economica del viaggio artistico-culturale del turista)
C’è un’altro tipo di pasto, come ha ricordato il jazzista Paolo Fresu, tra i vincitori del Premio De Sica, che è quello dell’anima.
La cultura, l’orgoglio identitario, il patrimonio artistico, la storia hanno plasmato l’essere umano, l’hanno arricchito.
Lo fanno continuamente.
Il reddito intellettuale di cui il nostro patrimonio è fonte primaria è certamente degno di essere salvaguardato.

Che resti l’Italia di Pompei, del Foro Romano, di Venezia, di Firenze, e non l’Italia di Berlusconi, Fabrizio Corona e Antonio Cassano.

Dostoevskij affermava che la bellezza salverà il mondo.
Ebbene, è arrivato il momento di rovesciare l’assunto: che sia il mondo a salvare la bellezza!

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Attimi che non tornano

Un tavolo.
Tre persone sedute.
Età diverse, storie diverse, abbigliamento diverso.
Tratti somatici simili tradiscono una vicinanza parentale, chissà quanto stretta.

Il più giovane osserva gli altri, più silenzioso.
Vorrebbe fermare il tempo, fare una fotografia, catturare il momento.
Tanta spensieratezza in tutti e tre, per motivi diversi.
Il più giovane, perché al di là delle difficoltà, nutre ancora tanta speranza e voglia di vivere.
Il medio, perché al di là delle difficoltà, è riuscito sempre a riemergere e a sorridere di tutto.
Il più anziano, perché al di là delle difficoltà, nella sua vita sono più le gioie dei rimpianti.
Attimi che non tornano.

Bisogna tornare, è tardi, è ora di cena.
– “Noi si va”
– “Va bene, andate piano”
– “Certo. Ciao nonno.”
– “Alla prossima, ciao papà”

– “Ciao ciao”.