Valori non negoziabili

Facciamo politica all’interno del campo democratico, abbiamo scelto di far parte di una comunità e di provare al meglio a rappresentarla; non ho mai apprezzato a fondo gli sforzi, spesso solo dialettici, dei sindaci, dei presidenti e dei consiglieri “di tutte e tutti”. Non penso si possa stare a metà, tra una parte e l‘altra. Con la destra e la sinistra, con il nero e con il bianco, con Militia Christi e con le battaglie femministe, con la repressione e con la libertà.

Io penso che nell’interesse di tutte e tutti ci sia invece bisogno dell’opposto: parole chiare, battaglie chiare, alleati e avversari ben definiti, senza zone grigie. Conflitto, chiaramente, perché i nostri valori non possono essere solo alimentati con la testimonianza ma vanno difesi quotidianamente.

Dopo che Don Mario, il parroco di Piazza Sempione, ha manifestato pubblicamente avversione per lo striscione contro l’omotransfobia definendolo “uno scempio” e difendendo invece quello dell’associazione che fa le manifestazioni con Forza Nuova e Casapound, smette di essere un interlocutore al pari dell’associazione. La lotta contro le discriminazioni di genere e di orientamento sessuale è uno dei valori non negoziabili della nostra comunità. L’interlocuzione con soggetti contrari a diritti acquisiti è uno sforzo che non mi impone nessuno e che io in questi anni ho deciso scientemente di non fare, perché non sono né una bilancia né un giudice terzo, io sono di parte, dalla parte della mia comunità.

Piazza Sempione va riqualificata, pedonalizzata e liberata dall’ammasso di macchine.
Bisogna farlo perché questa città deve progredire, e questo è un altro valore non negoziabile. Un progresso che non pone al centro l’automobile ma chi quell’automobile la guida: la cittadina e il cittadino. Una città migliorata in funzione degli uomini e delle donne che la abitano. Creare per loro condizioni di vivibilità migliori all’interno di una città altrimenti respingente.

Piazza Sempione va resa, soprattutto, una piazza viva, a disposizione di tutte e tutti, un luogo per lo stare assieme, per far giocare i bambini e far conoscere tra loro i genitori, un luogo di incontro intergenerazionale tra giovani e anziani, un’agorà nella quale vivere una convivialità che non esisteva neanche prima del Covid.

Uno spazio per manifestazioni pubbliche, letture condivise e, finita la pandemia, un polo di aggregazione all’aria aperta. In questi tre anni abbiamo aperto la biblioteca e la videoteca, saranno aperte le aule studio, arriverà l’urban center, un luogo di condivisione dei progetti municipali: già solo con questo avremo dato una dimensione diversa ad uno spazio, raccontato da molti come la culla della civiltà, che attualmente però svolge una funzione di parcheggio.La solitudine esistenziale a cui ci ha condannati questa pandemia, ognuno nelle proprie abitazioni, nelle proprie stanze, nelle proprie vite, senza un abbraccio né un bacio, ha a che fare con un altro valore non negoziabile: la socialità, passata la pandemia, va liberata.

Il silenzio del non luogo, a cui molti sembrano continuare ad aspirare, soprattutto per Piazza Sempione è per me un errore di calcolo che io, per coscienza, non posso e non voglio fare. Progettiamo e capiamo come riempirla di attività, quella piazza, non come videocontrollarla.

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