Stamattina al Liceo Nomentano ho partecipato a ‘Il Suono dei Sensi’, Dall’integrazione alla relazione | Dialogo tra sordi e udenti, incontro organizzato dal Gruppo AccessibiLis e Musica di Grande come una città.
Una mattinata, un’altra di quelle che fatico a raccontare, passata con la lacrima in bilico, osservando e ascoltando sordi e udenti di tutte le età che si raccontano e interagiscono, con un avvicendamento continuo di interpreti, voci e gestualità.
Con l’intimo interrogativo di cosa avresti fatto tu al posto loro, forse non saresti stato tanto forte, forse una tale mancanza ti avrebbe sovrastato.
Cerchi di immedesimarti per quell’attimo, spaventoso, nel figlio, nel genitore, nel parente, nell’insegnante, nell’amico, e ti senti pure un cretino ripensando al ricorrente desiderio di non sentire tutte le chiacchiere e le discussioni inutili e sterili di cui spesso le giornate della politica si riempiono.
Sorridi, amaro, rimanendo ammirato dall’arte della lingua Lis: i movimenti, le espressioni del corpo, la presenza scenica, come fossi a teatro… teatro non è, è la vita vera, si comunica proprio così ed è pura bellezza, arte.
Si spegne per un attimo la luce ed è un altro problema perché chi “parla” deve essere osservato bene e al buio la comunicazione non funziona.
E ancora la tua inadeguatezza ti si para davanti: ce la faresti a muoverti con tanta gentilezza e allo stesso tempo coordinazione, davanti a tutti?
Probabilmente no, saresti stato pure muto. All’angolo. Solo.
E dopo esserti sforzato a guardare la gestualità, come se potessi interpretarla ma ovviamente no, non è il francese, proprio non ce la fai, arriva il colpo di grazia con gli aneddoti sui bambini e l’attenzione alle vibrazioni per ascoltare la musica, l’unico modo per farlo, sulla percezione dei rumori forti della metro o sui ringraziamenti al dottore che ha appena fatto la risonanza magnetica, che ti convincono che alla fine non è una vergogna se alla fine quella lacrima in bilico dall’inizio la butti giù.
