A chi l’ha perso, a chi lo cerca, a chi lo fa in in nero, senza tutele né diritti, a chi lo fa gratis in attesa di altro, a chi è costretto sempre a reinventarsi, a rincorrere, a chi fatica ogni giorno.
Un buon primo maggio a tutte a a tutti.
A chi l’ha perso, a chi lo cerca, a chi lo fa in in nero, senza tutele né diritti, a chi lo fa gratis in attesa di altro, a chi è costretto sempre a reinventarsi, a rincorrere, a chi fatica ogni giorno.
Un buon primo maggio a tutte a a tutti.
L’altro giorno a lavoro è arrivata una mail:
“Curriculum Vitae di mio padre”, inviata da un ragazzo della mia età che cerca lavoro per il papà sessantenne.
Mentre la politica italiana si avvita su se stessa il mondo reale continua, rassegnato, a cercare di farne a meno.
Un girone dell’inferno apposito sarà riservato a coloro che nelle offerte di lavoro utilizzano inglesismi vari per definire posizioni mascherandone o, spesso, modificandone il contenuto reale.
E noi, comuni mortali o poveri scemi che dir si voglia, che nel curriculum che inviamo o nel profilo, imprescindibile, su LinkedIn, siamo costretti a presentarci come fenomeni paranormali cercando di rincorrere quel mondo un po’ finto, un po’ irreale, un po’ artefatto.
La verità -abbiamo deciso- è bene schivarla.
Da una parte e dell’altra.
Non apprezzo particolarmente la retorica, spesso demagogica, delle giornate “contro qualcosa” o “a favore di”.
La necessità di una X rossa sul calendario per ricordarsi di una determinata categoria sociale mi fa spavento e dà la misura del grado di civiltà raggiunto.
Indegno.
Oggi, nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, utopicamente spero ci vengano risparmiate le canoniche liturgie di adorazione dell’universo femminile, salvo poi, domani, dimenticare tutto.
In questo tripudio di emozioni liquide ed estemporanee che è diventata questa giungla di società io spero si alzi un grido permanente, in sottofondo, che faccia da colonna sonora a una battaglia di civiltà e di parità che è quella del LAVORO.
Perché l’emancipazione, la sicurezza e la libertà di una donna, ma anche di un giovane o di un qualsiasi essere umano partono sempre da un’occupazione che dia reddito.
In Italia lavora solamente il 47% delle donne.
Partiamo da qui?
(Ah, per coloro che hanno ammonito il mondo terreno con la mirabolante teoria gender oggi è un’occasione d’oro per rimanere in silenzio)
“Ai giovani volontari dell’Expo 2015 regaleremo un palmare e la divisa, facendoli entrare in un contesto veramente internazionale”
Le parole del commissario unico per Expo, Giuseppe Sala, sono utili per riflettere sulle dimensioni della tragedia che si sta consumando in Italia sul tema del lavoro, diventato ormai una concessione, un regalo, un atto volontario, un di più.
Fa curriculum, diranno.
Fa schifum, penso io.
– Mario mangia la mela.
– La mela è mangiata da Mario.
– Mario compra la mela con i soldi che guadagna attraverso il proprio lavoro.
– Senza soldi Mario non può comprare la mela –> Senza lavoro Mario non mangia.
Senza soldi, senza lavoro, senza mela, Mario oggi viene pure menato.
“Carica di contenimento” la chiamano in questura.
Gli hanno menato.
Qualcosa evidentemente non va.
Questo avviene quando Matteo -maledetta la mamma che gli ha dato ‘sto nome- Pina e tanti altri attuano l’opera che finora gli è riuscita meglio: la dissociazione dalla realtà.
Diciamo a Matteo, a Pina e ai tanti altri che la dissociazione compare quando cominci a frequentare finanzieri creativi poco scrupolosi che invitano, da pulpiti costruiti poco prima, a straordinarie innovazioni normative in termini di diritto del lavoro o quando cominci a frequentare ideatori di buone idee gastronomico-affaristiche che si perdono in salari poco congrui e condizioni di impiego un po’ precarie, o anche quando cominci a frequentare autori di libri essi stessi poco a contatto con la realtà, immersi in una tutta loro fatta di coccole, tenerezze e decadimento di sfere altrui.
La dissociazione non comparirebbe, o comunque essendo soggetti a rischio apparirebbe molto più blanda, se si prestasse orecchio e si desse priorità al grido di angoscia di Mario (oggi menato), operaio delle Acciaierie Terni-Ast, di Annarita, lavoratrice di Italia Alimentare a Frosinone, di Roberto, operaio della Titan Italia in Emilia o dei tanti uomini, donne, bambini, anziani, di quel milione e mezzo di persone della piazza di sabato che la mela proprio non ce l’hanno.
Né l’avranno.
Forse bisognerebbe ricordare a Matteo e a Pina che il paese reale non è la Leopolda, non è la Silicon Valley, non è Picerno-Land.
Nella realtà autocelebrativa, ovattata, costruita di questi mondi lontani faticherebbe anche i migliori statisti.
E direi che non è questo il caso.
E superiamo, anzi vi prego, dimentichiamocelo proprio, tutto lo sterile dibattito su quanto sia diventato di destra il Partito Democratico, che davvero poco interessa, mancando proprio i fondamentali, l’abc.
Si ripartisse da Mario, da Annarita, da Roberto.
E dalle loro mele.
puntini, non linee. come li collegherai, dipende da te: sei libero di tracciare il tuo disegno.
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